Marbodo di Rennes, De lapidibus, con interpolazioni dal lapidario del Secretum secretorum tosc. del Magl. XII.4
È stata a lungo ipotesi diffusa che il testo toscano (versione del Laur. Pl. LXXIII.43, attribuita a Zucchero Bencivenni) fosse traduzione di un volgarizzamento francese (cfr. M. Corti, La lingua del «Lapidario estense» (con una premessa sulle fonti), «AGI», XLV (1960), pp. 97-126, a p. 99); diversamente S. Baggio, Censure lapidarie, MR, XI (1986), pp. 207-228, a p. 217: «il trattato volgare tende a conservare tutte le informazioni della sua fonte che, a giudicare dagli errori di traduzione e da calchi e prestiti linguistici, credo fosse direttamente latina e non francese». Baggio, Censure, cit., p. 216 indica poi la vers. pisano-lucchese del lapidario del Secretum secretorum (lez. del Magl. XII.4 della BNCF) quale fonte per le interpolazioni e le glosse del testo (cfr. n. 42); «il resto è una versione di Marbodo fedele al testo latino più di ogni altra edita e corrispondente, nella successione delle pietre, ai mss. più antichi del De lapidibus, nonostante il grosso divario cronologico» (p. 217).
Sul Magl. XII.4 – e sul Palat. 653 (ex E. 5.7.34), codice meno vicino al Laur. Pl. LXXIII.43 – si basa l’edizione Trattati della virtù delle pietre, a c. di O. Targioni-Tozzetti, Livorno, 1871 (cfr. Baggio, Censure, p. 216, n. 34 e S. Baggio, Trittico di lapidari, «Museum Patavinum», IV, 1 (1986), pp. 147-161, a p. 159, n. 44); sul codice e in generale sul suo contenuto cfr. G. Cecioni, Il Secretum Secretorum attribuito ad Aristotile e le sue redazioni volgari, «Il Propugnatore», n.s. II/2 (1889), pp. 72-102, alle pp. 90 sgg.; M. Milani, La tradizione italiana del Secretum Secretorum, «La Parola del Testo», V, 2 (2001), pp. 209-253, alle pp. 224 sgg.
Cfr. inoltre Nota a [SJ] Scienza fisiognomia, XIV pm. (tosc.).